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Vita Vissuta

Cambiare senza cambiare

Come vi posso raccontare che ho cambiato lavoro, e nello stesso tempo senza cambiare lavoro?!
Credo che sia il modo più strambo di fare questo cambio di vita senza di fatto cambiarla.
Da dove posso iniziare? Sarebbe una storia lunga e noiosa; non voglio di certo ammorbarvi con inutili dettagli. Partiamo da una esigenza che si era delineata negli ultimi due anni.
Come sapete io sono un freelance, o come si dice nella nostra italica lingua, sono un libero professionista… quello che lavora in partita iva!

In famiglia non sono certo l’unico che è in questa situazione; per chi non lo sà, anche la mia consorte lavora come libera professionista. Lei, però, è un’affermata dottoressa commercialista. Almeno per me, perché se lo chiedete a lei scuoterebbe la testa in preda a una forte vergogna.
Sta di fatto, con l’arrivo del piccolo Matteo, molte delle scelte fatte negli ultimi 2 anni hanno dovuto avere un certa limatura se non proprio un totale cambio di rotta.
Come credo sappiate tutti, ai freelance certi bonus sono preclusi (mi chiedo ancora perché ma non siamo qui a fare della polemica gratuita) che sicuramente sul bilancio familiare hanno un loro certo peso, non risolvono la situazione del “mutuo dell’asilo” ma danno una mano.
Pertanto, circa un’annetto fa, dopo il consiglio di tribù, si è arrivati alla conclusione che data la mia particolare attività io potevo ritornare ad essere dipendente. Come si sente dire in una trasmissione televisiva nota: la mia avventura da freelance finisce qui.

baby sitting on man s shoulder
Photo by Maria Lindsey Content Creator on Pexels.com

Già sento vesti stracciate e urla senza senso… ok… ho esagerato. Sicuramanente avete il permesso di dirmi un pò di brutte parole con tutte le volte che nel podcast me la tiro con la parola freelance. Ah! Senza contare le menate del lavoro autonomo, da casa. Insomma, un marea di fregnacce?
Ehmm… no! No perché ho lavorato bene da freelance, certo, con alti e bassi ma ho lavorato come piaceva a me e molte volte ho fatto quello che mi appassionava.

Purtroppo si era venuta a creare una situazione lavorativa che non aveva più niente a che fare con la professione da freelance. Nonostante facessi fattura, sfoggiassi la p.iva, non facevo altro che elargire il mio servizio a quasi completa disposizione di un solo cliente, che ne determinava una mia “dipendenza” senza poi averne i benefici nè di uno nè dell’altro.

Una situazione abbastanza comune per chi fa il mio lavoro di disegnatore CAD nell’industria metalmeccanica; perché per chi fa il designer CAD o simile ha più spazio creativo, più possibilità di muoversi tra più commesse.
Forse, in parte, è colpa mia che non ho mai vermente “switchiato” mentalmente verso una situazione più imprenditoriale. Probabilmente avrei dovuto puntare ad aprire uno studio mio con collaboratori. Ma tra dire e il fare…

Gli inizi sono stati molto duri. Il mio campo è per lo più aziendale e qui non ho mai trovato la piena comprensione del fatto che sei un’uomo solo e non hai alle spalle altri che ti possono dare una mano, dato che sei agli inizi e il soldo manca, anzi ce ne devi mettere.
Dopo qualche mese e notti insonni, ho deciso che da solo non potevo farcela e quindi con qualche vecchio contatto sono finito a fare il consulente per uno studio tecnico (nel quale, tra l’altro ero già stato dipendente) che per me trovava il lavoro da fare e mi allegeriva della parte della ricerca di commesse.
E così passarono 6 anni. Gli anni anagrafici, anche. E questi si sono fatti pesanti sulle spalle e continuare a saltare da un lavoro all’altro ogni tre mesi con spostamenti auto abbastanza importanti, mi hanno convinto a cercare qualcosa di più “stabile”, passatemi il termine: ma che almeno rimanesse nell’hinterland milanese.
Sono approdato nell’azienda odierna e qui, negli ultmi 5 anni, ho trovato una certa quadratura; ho contribuito a creare un reparto (l’ufficio tecnico) e tutta la struttura organizzativa (PDM e codifica) che ancora oggi viene usata dai i miei colleghi.
Come tutti abbiamo passato dei momenti abbastanza stressanti in questi ultimi due anni. Ecco, io e mia moglie, invece, siamo stati salvati dall’arrivo di Matteo (nato in pieno lockdown) che ci ha distolto dalle brutture del lockdown prima e delle quarantene dopo.
Per me però era arrivato il momento di prendere la decisione e quindi con molta insistenza e forzando la mano (avevo paventato un passaggio ad azienda concorrente…) dato che erano mesi che si tergiversava sulla questione. E a febbraio (non so quando leggerete questa post) 2022 finalmente ho dismesso il grembiule da freelance e indossato la “tutina da dipendente”.


Io mi sento un po traditore… perchè? Credo che in parte mi piaceva far parte di quella schiera di persone che nonostante le fatiche da libero professionista poteva vantarsi di “farsi da solo” e poi perché per anni, prima del 2011, avevo smarronato l’esistenza agli amici sulla voglia di essere freelance. Ora invece quasi (ho detto quasi) sono contanteo di essere dipendente.
Ma come accennavo prima è una situazione voluta e pensata per trovare una certa stabilità economica alla famiglia, e lasciando una certa serenità “alla Rosi” che in questo modo è più libera di poter intraprendere certe scelte viste le molte possibilità per la sua professione, che siamo onesti è più renumerativa della mia.

E concludendo questto pippone esistenziale, vi chiedo un po di tolleranza nella possibilità, non cosi remota, di strafalcioni e una grammatica da prima elementare; ma sono un pò arruginito, come le mie dita.

“Lunga vita e prosperità” (cit.) 🖖

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man in white and black sneakers standing outdoor during daytime
Social, Vita Vissuta

Non ci arrivo, ma ci provo!

Quando ho preso la decisione di mettere a posto il blog, centralizzare un pò la mia vita digitale non pensavo fosse cosi impegnativo.
Mi spiego meglio. Ho voluto rimettere in piedi un luogo che io chiamavo blog, ma non lo era e non lo è (almeno fino al mese scorso).
L’esigenza nasceva dal fatto che avevo troppe punti comunicativi sparsi ai quattro venti e il tutto era molto dispersivo; poi ho messo il carico da 90 con il podcast e le cose si sono complicate… dopotutto l’ho voluto io.
Ora il tutto si è complicato dato che la real life (come si dice tra i millennials) è più stretta di prima. Ora non ho più quella giornata che mi concedevo settimanalmente per evadere quelle pratiche “digital social” che nonostante non sia un influencer si fanno, anche solo per stare a contatto dia qualche “amico di penna”.
Devo ringraziare sentitamente, e nuovamente, l’amico Nicola Losito in arte KooLinus che mi ha supportato (e sopportato) per la riapertura di questo blog un pò smunto che aveva bisognoi di qualche aggiustatina.
Infatti, come wordpress ambassador, mi ha guidato nella conversione da Tumblr a WordPress e, dietro lauto pagamanto 😂 😂 🤣, ospitando il blog nel suo host. E devo dire che mi sento coccolato!!

Quindi per farla svelta, diamo inizio, ufficialmente, a questo blog che riprende vita. È possibile che troverete notizie di tutti i generi; spazierò da qualche pippone personale a notizie tecniche sul CAD e sul mondo Apple (si si… ci sarà spazio anche per PC e Windows).

Quello che vedete, però, non mi piace. Spiego meglio. Ho installato un tema per il sito che all’inzio (offline) mi sembrava figherrimo, ma una volta online mi sembrava di essere negli anni 90.
Quindi, su consiglio del sempre disponibile Nicola, inizierò a postare e nel frattempo sto provando a qualche altra soluzione per la grafica del blog.
A dire il vero l’ho già trovata, ma devo capire come funziona il nuovo metodo Gütenberg per creare , modificare grafica e contenuti di WordPress del proprio blog.
Non me ne vogliano gli estimatori di WordPress, ma non è proprio così amichevole come interfaccia. Inoltre si devono apprendere i concetti di cosa fà cosa e di come si riflette sulla renderizzazione della grafica sul web. E tra le altre cose bisogna ricordarsi che spesso il proprio blog viene visto da mobile…
Da neofita a neofita, consiglio di usare un programma che si chiama Local che installandosi sul vostro computer (si c’è anche per Windows) vi permette di installare con pochi click del mouse il vostro blog WordPress, installare qualsiasi plugin/temi e fare tutte le prove necessarie senza creare problemi su quello online con il rischio di “sminchiare” tutto il database.

Concludo e spero che il prossimo assetto grafico vi possa piaciere… o almeno piaccia a me 😄 😜

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Benvenuto al mondo, mio piccolo ometto. Portatore di una gioia e sorrisi dimenticati. Che tu possa illuminare la vita in questi tempi bui. (presso OBM Ospedale dei Bambini Milano – Buzzi Onlus)

Istanti, Vita Vissuta

Benvenuto!

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Sulle sponde. (presso Bollate)

Istanti, Vita Vissuta

Sponde

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Passeggiata lungo lago di Barcis (presso Barcis)

Ricordi, Vita Vissuta

Il tempo scoplisce

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Quando la miglior fotocamera è quella che hai in tasca… E poi Dio fa le cose “da Dio” (presso Keukenhof)

Istanti, Ricordi, Vita Vissuta

Tulipani

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Un buon dolce a volte può essere semplice.

Social, Vita Vissuta
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Anche quest’anno rispettiamo antiche tradizioni, usando mani esperte che insegnano a mani giovani. Ricordando le nostre radici attraverso gesti e usanze che riportano ai nostri cuori odori, suoni e voci che non ci abbandoneranno mai!

Istanti, Vita Vissuta

Antiche tradizioni

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Ricordi, Vita Vissuta

Un’ anno senza…

Ho impiegato qualche giorno a mettere giù questo post. Sopratutto perché era tutto nelle mia testa in un flusso continuo di idee, di discorsi, botta e risposta. Per dirla tutta avrei dovuto metterlo online due giorni fa il 17 marzo…. Ma nonostante mi mettessi davanti alla tastiera le dita non si muovevano e io rimanevo lì a fissare la foto di mio papà Umberto che un anno fa è venuto a mancare dopo una lotta strenua con la sua malattia.

A volte vorrei avere un’app che potesse scaricare i miei pensieri mentre guido. Si perché è mentre guido, quando vado o torno dal lavoro, che solo in moto, la mia mente macina un sacco di idee. Sapete l’idea di scrivere qualche riga su questo “anniversario” mi è frullata in mente dopo che sentivo colleghi e clienti parlare della festa del papà del 19 marzo. Sorridi e ascolti i racconti dei papà che li diverte vedere i loro cuccioli tentare goffamente di nascondere la letterina o il regalo fatto con l’aiuto della mamma. Poi ricordi… Poi mentre rientri a casa e nel tuo mondo all’interno del casco, mentre la moto ronza monotona nel lungo spostamento, ti sale il magone e non riesci a frenare le lacrime.

Alzi la visiera e speri che l’aria spinga via le lacrime e il magone. Speri che il vento a 100 all’ora ti faccia respirare… Apri la bocca e l’ossigeno arriva e se ne arriva! Perché in questo modo la mente anestetizzata dal quotidiano vivere si mette in moto e va più veloce della tua moto.

I pensieri vanno a mia sorella Elena che nonostante mettesse, papà, alla corde con i suoi continui battibecchi gli voleva un bene dell’anima. Lui che gli ha insegnato a camminare, ad andare in bici, a sciare, a giocare a tennis… Credo che papà sia fiero della donna forte e sicura (qualche volta fa ancora i capricci) che è diventata.

Chiudi la visiera, il rombo della mia Kawasaki è più ovattato ora che  quel guazzabuglio di pensieri mi porta a mia mamma che è rimasta accanto a Umberto praticamente sempre… Sino all’ultimo respiro. “Finché morte non ci separi” e ti rendi conto che quelle parole che pronunci nel giorno del tuo matrimonio sono così terribilmente reali. E pensi che quello è il vero Amore. Quello che nonostante sei con lui/lei da 40 anni ancora lo guardi come il primo giorno che ti sono venute la farfalle allo stomaco e lo chiami “Amore…”

Freno. Davanti a me il traffico si fa più intenso. Rallento. E penso a mia moglie, Rosanna. Penso ai nostri 12 anni di matrimonio, mi torna alla memoria una frase di papà quando la vide in uno dei primi incontri semiufficiali in oratorio: “Le picülina ed è propri belã” e lo ridisse il giorno del nostro matrimonio. Rosanna ha sempre avuto un posto d’onore nel cuore di papà; anche nei giorni della malattia, la sua voce squillante gli riusciva a strappare un sorriso.

Arrivo in fondo a un vialone, lo conosco a memoria, lo conosco talmente a memoria da sapere dove c’è il più piccolo buco, avvallamento. Scalo rapidamente le marce e la Kawa si lascia guidare in uno dei rari curva e contro curva del percorso verso casa. Sinistra, destra e accelero tento di arrivare prima che il semaforo diventi rosso… Niente, forse qualche cavallo in più. Un paio di pacche sul serbatoio “Tranquilla va bene così” (si ogni tanto parlo con la mia moto); metto in folle e fisso il serbatoio.

Penso che a 47 anni dovrei essere un uomo “fatto” (come dicevano i nonni), che dovrei essere in grado di affrontare ogni genere di prova che la vita mi pone davanti, però… Però oggi avrei bisogno di quel silenzio uomo che era papà, non perché mi desse la soluzione e qualche frase d’effetto tipo coach life; ma per quella pacca o quella stretta al collo che voleva farsi abbraccio. E poi finiva con un “… Ci facciamo una birra?”

Sono quasi arrivato a casa. I soliti gesti, quelli di tutti i giorni. Apri il cancello, apri il box, spingi la moto, cavalletto. La moto è spenta, tolgo il casco e rimango a fissarla mentre ascolto il ticchettio del metallo del motore mentre si raffredda. E sorrido!

Sorrido! Si sorrido perché penso che quest’anno è la prima festa del papà per mia nipote Giada e il suo papà Raffaele. Perché vedeste come gli si illuminano gli occhi quando vede quella strufolina che è la sua adorata Giada.

Sorrido perché anche per Samuele e il papà Davide è la loro prima volta. Perché me li vedo mentre Dadonzi esulta per l’ennesimo gol della sua Juve e il piccolo Samuele se la ride spassosamente (che ancora non sappiamo se perché sia buffo o altro…)

Entro in casa, giubbotto casco zaino. Mi siedo davanti al MacBook. Fisso la tastiera.

Un anno senza di te, papà. Mi manchi… E ammetterlo ci vuole tanto. Cosa manca… Ah! Si! Auguri papà, buona festa della papà!

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