Ricordi, Vita Vissuta

Tre anni piccoli piccoli

Stavo pensando che scrivere oggi sarebbe stato una buona cosa. Il fatto è essendo parte di una cosa accaduta a tutti ma che ha cambiato la mia vita, in modo indissolubile, e quella de laRosi in modo totale.
Partiamo dall’evento che tre anni fa di questi giorni colpiva noi, la nostra nazione e il mondo intero. Il COVID ha spazzato via per molti mesi e qualche anno qualsiasi costrutto sociale che ci eravamo costruiti con molta fatica e in tanti anni.

Lavoro e socialità fu tutto azzerato come se tutti quanti fossimo entrati in burnout collettivo. Tutti in casa. Le città che ricordavano quelle scene post apocalittiche dei film. Le lunghe file ai supermercati in ansia dietro le mascherine più o meno improvvisate, con le mani sudate dentro quei guanti. E da quelle mascherine occhi sempre più preoccupati e impauriti.
Era il 13 marzo 2020 quando dagli schermi delle nostre TV (che per molti mesi diverranno la nostra unica finestra sul mondo) l’allora primo ministro italiano Conte dichiarava il lockdown sull’intero territorio nazionale.
E tutto tacque. Strade e città, centri commerciali e aziende. Il silenzio è una delle cose che mi è rimasto nei miei ricordi. E non solo quello.

La cosa strana della vita e del destino è che non sei proprio te che ne decidi il corso. Esattamente 9 mesi prima LaRosi mi dava la notizia che entrambi aspettavamo da anni. Che sarei diventato papà.
Capite che mai ci saremo immaginati di affrontare una situazione simile con un bimbo in arrivo. Quel comunicato lo vivemmo in uno stato di incoscienza. La nostra preoccupazione era quella piccola e indifesa creatura che stava per affrontare un mondo, già di persè impegnativo, in una situazione di epidemia pandemica senza precedenti.
A raccontarvi tutta la situazione che abbiamo vissuto tra ansie e preoccupazioni pre parto. La paura del contagio che portava a un isteria collettiva senza senso. I parenti che premevano di avere notizie e aggiornamenti. Il tutto mentre io e laRosi eravamo separati da uno schermo di un telefono (si ringraziato Facetime) che era l’unico modo che io avevo per portare un po di conforto (quel poco che un uomo può fare in quelle circostanze) ma senza quell’essenziale contatto umano che di certo avrebbe fatto la differenza.
Quando il 26 marzo di tre anni fa arrivò il momento di far nascere Matteo, a grandi linee tutto è avvolto quasi in una specie di trans video ludica tanto le situazioni erano strane e concitate. Tra le altre cose fui uno dei papà fortunati che poté assistere al parto. Una settimana dopo fu introdotto un freddissimo tablet con il quale il padre dalla sala d’aspetto vedeva quel poco che gli permettevano di vedere; ma perdendo tutta quella magia che ho avuto la fortuna di assistere.
Noi padri completamente inutili in quel frangente al cospetto della più grande meraviglia del creato. Le donne, le madri sono delle eroine senza macchia e senza paura. Il dolore e il coraggio di donare al mondo una propria creatura ha una forza così immensa che da sola può spostare le montagne.
Le due ore successive al parto furono così brevi e intense che senza accorgeneme mi sono ritrovato spinto verso l’uscita da una solerte ostetrica che mi diceva che il mio lavoro era finito.

Oggi sono passati tre anni da quel giorno. Matteo cresce e impegna ogni goccia del mio spirito, anche quando sono al lavoro. Io, che giovane più non sono, faccio una fatica doppia di chi è papà a 30 anni.
Ascoltate pure le frase fatte ma queste giovani creature ti mettono alla prova in ogni ambito della tua persona metafisica. Lasciate perdere i corsi, i libri e gli psicologi. Tutto và improvvisato. Tutto si affronta al momento. L’unico indicatore, anzi, indicatori. Cuore e cervello… e anche un pò di stomaco.
Ma lavorata per una sola cosa. La ricompensa.
La ricompensa è quel sorriso quando lo vai a prendere all’asilo e non se lo aspetta. Quando ti corre incontro gridando “PAPA’!”. Quando la sera stanchi entrambi vi addormentate davanti al televisore mentr guardate i PAW Patrol. Quando la mattina si sveglia e vi cerca per casa per accocolarsi tra le vostre braccia.
Lasciate perdere il “mai nel lettone con noi”, ne va della vostra soppravivenza. Perché dormire con i suoi piedi o testa conficcati nella schiena vi scassare il fisico… ma almeno dormite.
La ricompensa è il sorriso. Non c’è “merda” che avete potuto affrontare durante il giorno in ufficio… quel sorriso e quel abbraccio spazza via tutto.
E ripenso a mio papà che ormai sono sette anni che è venuto a mancare. Potevo ricordarlo qualche settimana fa per la festa del Papà, ma mi sembrava così scontato. Oggi, mi manca, cavoli se mi manca.

A Matteo che un giorno spero leggerai questo flusso di parole a caso, ti voglio dire che sei stato una benedizione. Io e tua mamma siamo stati fortunati ad averti. Il momento più buio che ho vissuto su questo mondo, per noi è stato illuminato dal tuo viso e dalla tua presenza. Non so cosa mi darà il futuro, non so quanto tempo mi è stato concesso. Spero vivamente di averti donato la parte migliore di me e che questo pezzo di cammino fatto insieme ci veda l’uno accanto all’altro (anche urlandoci in faccia… Ogni tanto fa bene).

Buon compleanno.

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